giovedì 10 aprile 2008

COMPLICI DI UN GIOCO DI DADI

L’intera opera proposta da questo sito è oggi disponibile su supporto cartaceo (fruizione obsoleta ma sempre di grande impatto emotivo). “Complici di un Gioco di Dadi” raccoglie i lavori apparsi sulle pagine di Willoworld.net nel suo primo anno di vita. Potete comprarlo oppure scaricarlo gratuitamente in formato pdf. Eventuali errori presenti in queste pagine virtuali sono stati corretti per la definitiva edizione cartacea.

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mercoledì 27 febbraio 2008

MGIEROARGGEE

COMMUNICATIONE >>>intikatio ßþ george BEYOND IMPOSSIBILITÁ DI RECZIONE¢ !!
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MGIEROARGGEE
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§SOON CONN×AZIONE¥
STO ZERO VANDO UNO CONNET DUE DA TRE GE
TRY AGAIN@
STOP
RED RING
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REDROOM
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@TRUST

giovedì 14 febbraio 2008

MIRAGE

Mirage é il luogo.
Definirlo in tutta la sua magnificenza potrebbe danneggiare seriamente il vostro sistema. Potrei spararvi yottabyte di immagini, e video, e suoni, e stimoli neurali, rischiando di mandare in corto tutta la vostra rete, e riuscirei solamente a farvi dare una piccola occhiata al suo significato.
Mirage è un universo di verità rappresentata. Qualsiasi intuizione si trasforma in proiezione. Le idee diventano creature senzienti, con i loro Avatar e le loro storie.
Mirage trascende le regole matematiche e fisiche. Raggiungerlo non è una questione di spazio-tempo. Esistono codici, esistono porte, esistono trasportatori. È un mondo di passaggio verso tutto il resto, ma per molti è semplicemente un traguardo.
Ogni storia diventa qualcosa di concreto in Mirage. I vostri idoli, i vostri demoni, le persone di cui avete parlato, che pensate di conoscere, che avete rappresentato. Tutte queste intuizioni vivono in Mirage.
Nessun Avatar è davvero cosciente della sua origine. Non significa niente. La cosa importante in Mirage è appartenere ad una storia, essere reale dentro un gioco di infinite raffigurazioni. Mirage è l’alito che da vita ad ogni possibile fantasia della rete.
Ogni cosa che scriviamo, che pensiamo, che dipingiamo, ogni figura con cui giochiamo, diventa qualcosa di assolutamente definito. Nel momento in cui codifichiamo quest’immagine nel sistema, essa prende vita dentro Mirage. Le fantasie, le paure, le nostre verità.
Ci sono soltanto passato, e non sapevo neanche cosa fosse. Vi ricordate quando vi ho parlato della sala d’attesa; la vibrazione tiepida? Quello era Mirage. Attraverso le sue diramazioni sono riuscito ad incontrare Cleofe. Ma una volta laggiù potrei anche intrattenermi con le diverse rappresentazioni di lei, in un mondo creato solo per me. Un mondo dentro Mirage.
Ognuno di noi ha un mondo che lo aspetta. Orbita insieme agli altri dentro un sistema del quale non conosciamo le ragioni. Cosa alimenta Mirage?
Quale assurda entità si cela dietro il progetto?
Laggiù ai confini dello spazio disco, i byte saltellano come impazziti. È un baratro bellissimo, che nasconde il mistero.
Alcuni ci si tuffano dentro, creando nuovi mondi, estendendosi verso dimensioni inaccettabili.
Mirage è una di queste.
Adesso so che esisto in milioni di altre forme, ed esistono le verità in cui credo, le cose che amo. E un giorno potrò andarci, tutte le volte che vorrò.
Ci spengiamo per riaccenderci in mille forme nuove.

mercoledì 6 febbraio 2008

IL DELITTO

L’inizio ha sempre qualcosa di mistico. Per quanto tu cerchi di cancellarne le tracce, quelle tornano sempre in superficie. Come sangue lavato dalle lenzuola. Basta un bagno di Luminol per scoprire il delitto.
Ma una volta che il delitto è stato scoperto, l’unico modo per sfuggire alle sue conseguenze è far scomparire il cadavere. Il ricordo del delitto, il corpo del reato, l’idea del crimine. La cosa non è mai successa, perciò non esiste nessun colpevole.
Dopo il virus nessuno ci ha più pensato. Non c’è da stupirsene…
Qualche migliaio di morti non sono nulla in confronto a sette miliardi di persone. Eppure l’inizio fu proprio quello. Quella strana data che al vostro tempo è sempre sulla bocca di tutti.
I ragazzi avevano fatto i loro calcoli, e forse erano stati ottimisti. Pensavano di sistemare tutto con la storia degli aerei dirottati. Hanno preso del tempo, per organizzarsi meglio. Per preparare lo scacco matto.
Le torri vi hanno distratto per il tempo necessario a sviluppare il virus.
Qualcosa è rimasto.
Negl’inferi si trova tutto. Immagini, suoni, deposizioni, testi, prove. C’è anche qualche testimone oculare, in forma digitale ovviamente.
Ho fatto le mie ricerche…
Lo so, lo so. La verità l’avete sempre saputa, voi…
Ma questo non conta, vero?
Deve essere mamma TV a dare la notizia, altrimenti non vale…
Buonanotte.
Vado a farmi un giro.
Magari riesco a beccare Astor…

George, 3 maggio 2084

martedì 29 gennaio 2008

VOLTEGGI NEL CIELO

Ho viaggiato per nove giorni consecutivi dentro il sistema, cercando disperatamente qualcuno che conoscesse la strada, qualcuno che sapesse dove trovare Astor. Il bisogno di ritornare da mia sorella Cleofe, dentro quel mondo ovattato di beige, era diverso dalla mia dipendenza dalle droghe. Le droghe corrodono il fisico, deturpano la mente, ma l’anima rimane distante dagli affari chimici. Non credo che c’abbia nulla a che fare l’anima con i trip in capsula. Invece questa roba ti fa star male dentro in un modo totalmente nuovo.
In un certo senso è stato come entrare in paradiso e poi tornare indietro… all’inferno!
Ho vagato incosciente come uno zombi, e rapido come un elettrone. La gente mi guardava strano, e non posso certo biasimarla. Ho assunto rappresentazioni che avrebbero destato perplessità anche nelle entità più frivole.
Avete presente i barboni?
Si, lo ammetto. Ho fatto una piccola ricerca nel passato. I barboni non esistono più, ovviamente. Però credo che la parola possa aiutarvi a capire le sembianze che aveva preso il mio avatar.
Sono stato fortunato ad incontrare Karin. Se non era per lei, il mio corpo adesso sarebbe l’appetitosa cena di una famiglia di vermi.
Mi ha convinto a risalire, a darmi un tono, a farmi una passeggiata in riva al mare. È stata brava. Solo una donna poteva riuscire a fare una cosa del genere, e questo mi ha confermato la sua vera natura. Il ricordo del sesso fittizio che abbiamo avuto mi appare molto più dolce adesso.
Sono salito in superficie, e sono stato male. Il mio corpo era uno strazio. Temevo addirittura di non riuscire a venir fuori dalla bara.
Il sushi della Taverna mi ha messo un po’ di forza addosso. Poi sono andato sulla spiaggia, come mi ha detto Karin. Un bella cosa…
C’erano dei gabbiani che volteggiavano in cielo. Quando vedi questa roba dal vivo provi sempre a dargli un significato logico. Cerchi disperatamente un’equazione matematica che riesca a spiegare i disegni del volteggio, ma dopo un po’ ti tocca rinunciare.
Non esiste niente di predefinito negli accadimenti reali.
In molti hanno cercato di dare alla rete un’onesta causalità, ma il risultato è sempre stato quello della rappresentazione virtuale.
La simulazione di un lancio di dado darà sempre un risultato simulato. Perché nella casualità vigono delle regole inafferrabili.
Il dado lanciato per davvero è tutta un’altra cosa!

George, 26 aprile 2084

sabato 19 gennaio 2008

CLEOFE

Ho inseguito Astor fin dove mi è stato possibile.
Viaggiavamo in un tunnel di luce ambrata, un passaggio sotterraneo che inganna lo spazio disco, e precipita in un bagno tiepido di vibrazione; l’anticamera del mondo di lato.
Non saperi come tornarci, lo giuro.
La vibrazione era musica esponenziata, la dilatazione sensoriale di informazioni-suono. L’esatto contrario di un file compresso, per parlare in termini a voi comprensibili. Era una specie di sala d’attesa.
Astor mi ha indicato delle diramazioni di luce. Il segreto era saperle afferrare. Ci ho provato un paio di volte, ma mi scivolavano tra le dita. Così Astor mi ha legato a lui ed è balzato verso un filamento azzurro. In un attimo ci ha risucchiati.
Poi era come nuotare in un liquido dorato. Ho cercato di rimanere vicino alla mia guida, ma dopo poco l’ho persa di vista. Ero solo, in un oceano vuoto e sconosciuto.
La sensazione è stata terrificante. Una non-morte eterna, l’annientamento del senso dell’esistenza, la non-appartenenza. Ho vagato in quel mondo beige per un periodo indefinibile; ore, giorni, secoli. Ma potevano anche essere solo una manciata di frame.
Poi si è avvicinato qualcosa. Era una luce rosata, una forma indistinta. Sembrava una nebulosa, uno di quegli oggetti strani che si vedono nei testi di astronomia. Si è fermata davanti alla rappresentazione di me (di cui non avevo nessuna nozione, anche se ero sicuro che la mia forma doveva essersi alterata dentro quel nuovo sistema). Pulsava di vita come un cuore.
Il contatto non necessitava alcuna interconnessione. Il messaggio della nebulosa è semplicemente accaduto dentro di me. Era mia sorella Cleofe. La mia piccola sorellina che una mattina di dicembre di due anni prima saltò nel vuoto dalla terrazza di casa mia.
Il messaggio era di quiete assoluta. Era rassicurante. Era caldo come erano calde le sue carezze quando era ancora viva.
Ci sono stati altri messaggi, altre sensazioni. Oceani di sensazioni. Ma le parole non riuscirebbero neanche a descriverne il contorno, figuriamoci il significato.
Mi ha mostrato la via del ritorno, e ho galleggiato per quelle mi parevano ore lungo una strada di terra battuta che attraversava un deserto di roccia.
Adesso mi trovo dentro il palazzo oltre l’Anello Rosso. Non ho più voglia di risalire.
Ho solamente un desiderio; tornare da lei.

George, 11 Aprile 2084

domenica 13 gennaio 2008

LE STRADE DEL PORTO

Ho fatto un giro per il porto, la mia nuova casa. Sono stato fuori per due giorni interi. Avevo bisogno di riprendermi da una settimana intera d’immersione.
Il sushi della Taverna non è poi così male. Oggi lo puoi trovare dappertutto.
I mari si sono ripopolati. E che vi aspettavate… Dopo il virus l’ecosistema è tornato alla normalità. Gli animali sono stati quelli che ci hanno guadagnato di più, e una parte di me pensa che sia stato giusto così. Sarebbe stato giusto così, se il virus fosse stato naturale, se la selezione fosse stata equa.
Invece non lo fu affatto…
Il porto è un posto strano. In un certo senso è un po’ come tornare indietro nel tempo. Edifici sporchi, strade dissestate, insegne al neon intermittenti, che ciondolano come creature fluorescenti impiccate. C’è poca gente a giro. La maggior parte è dentro le bare, a fottersi il cervello.
La Taverna è a tutti gli effetti un centro di sostentamento, finanziato dal governo per tenere i drogati fuori dai piedi. Lo gestisce Simon, un ex agente governativo con la tendenza ad aprire troppo la bocca. L’hanno prima svuotato e poi iniziato a un corso accelerato di cucina. Adesso si aggira per il bancone come uno zombi, delirando frasi senza senso. A volte ti inchioda al tavolo parlandoti di qualcosa, ma non riesce mai a finire una storia. Lo vedi tornarsene in cucina con i piatti vuoti, mentre scuote la testa confuso. Una tristezza.
Mentre tornavo alla mia bara mi sono sentito osservato, ma ho cercato di convincermi di essere solo vittima di una buona dose di paranoia. Di solito il pulsion te la mette addosso. Comunque devo fare attenzione quando esco.
Adesso sono di nuovo dentro. Vado a fare un giro.
A presto!

George, 31 Marzo 2084