sabato 19 gennaio 2008

CLEOFE

Ho inseguito Astor fin dove mi è stato possibile.
Viaggiavamo in un tunnel di luce ambrata, un passaggio sotterraneo che inganna lo spazio disco, e precipita in un bagno tiepido di vibrazione; l’anticamera del mondo di lato.
Non saperi come tornarci, lo giuro.
La vibrazione era musica esponenziata, la dilatazione sensoriale di informazioni-suono. L’esatto contrario di un file compresso, per parlare in termini a voi comprensibili. Era una specie di sala d’attesa.
Astor mi ha indicato delle diramazioni di luce. Il segreto era saperle afferrare. Ci ho provato un paio di volte, ma mi scivolavano tra le dita. Così Astor mi ha legato a lui ed è balzato verso un filamento azzurro. In un attimo ci ha risucchiati.
Poi era come nuotare in un liquido dorato. Ho cercato di rimanere vicino alla mia guida, ma dopo poco l’ho persa di vista. Ero solo, in un oceano vuoto e sconosciuto.
La sensazione è stata terrificante. Una non-morte eterna, l’annientamento del senso dell’esistenza, la non-appartenenza. Ho vagato in quel mondo beige per un periodo indefinibile; ore, giorni, secoli. Ma potevano anche essere solo una manciata di frame.
Poi si è avvicinato qualcosa. Era una luce rosata, una forma indistinta. Sembrava una nebulosa, uno di quegli oggetti strani che si vedono nei testi di astronomia. Si è fermata davanti alla rappresentazione di me (di cui non avevo nessuna nozione, anche se ero sicuro che la mia forma doveva essersi alterata dentro quel nuovo sistema). Pulsava di vita come un cuore.
Il contatto non necessitava alcuna interconnessione. Il messaggio della nebulosa è semplicemente accaduto dentro di me. Era mia sorella Cleofe. La mia piccola sorellina che una mattina di dicembre di due anni prima saltò nel vuoto dalla terrazza di casa mia.
Il messaggio era di quiete assoluta. Era rassicurante. Era caldo come erano calde le sue carezze quando era ancora viva.
Ci sono stati altri messaggi, altre sensazioni. Oceani di sensazioni. Ma le parole non riuscirebbero neanche a descriverne il contorno, figuriamoci il significato.
Mi ha mostrato la via del ritorno, e ho galleggiato per quelle mi parevano ore lungo una strada di terra battuta che attraversava un deserto di roccia.
Adesso mi trovo dentro il palazzo oltre l’Anello Rosso. Non ho più voglia di risalire.
Ho solamente un desiderio; tornare da lei.

George, 11 Aprile 2084

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